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La nostra terra...i nostri alberi. Comunicato ARDEA e SOA

Assalto alle foreste italiane: il comunicato di ARDEA e SOA
Con un colpo di coda il governo Gentiloni vuole mettere a repentaglio la qualità ambientale dei boschi italiani per favorire interessi speculativi e tagli selvaggi
Il governo Gentiloni all'ultimo secondo utile vuole emanare una nuova legge forestale che darebbe il via libera a un vero e proprio assalto ai boschi italiani, permettendo un uso predatorio a discapito della loro qualità ambientale.
Con il provvedimento che rischia di andare in discussione in uno dei prossimi consigli dei ministri non solo si apre la strada a tagli selvaggi per la filiera delle biomasse, ma si consente la vera e propria distruzione del bosco in cambio di non precisati indennizzi e compensazioni che addirittura rischiano di diventare ulteriori danni per l'ambiente.
L’associazione ARDEA e la Stazione Ornitologica Abruzzese sono associazioni che riuniscono molti naturalisti e ornitologi della Campania e delle regioni limitrofe (ARDEA) e dell'Abruzzo (SOA), autori di decine di pubblicazioni peer-reviewed su riviste scientifiche nazionali e internazionali, anche sul tema dell'ecologia delle specie forestali, nonché di studi e rapporti per enti pubblici come regioni e aree protette di ogni livello (riserve, parchi regionali, parchi nazionali).
Pertanto, sulla scorta di queste esperienze ultradecennali in materia di studio sul campo, elaborazione di dati, modellizzazione e gestione delle aree naturali e semi-naturali del centro-sud, esprimiamo tutto il nostro sconcerto per i contenuti della proposta del governo che, in maniera del tutto anti-scientifica, vorrebbe far passare l'idea che il bosco non possa svolgere le proprie funzioni ecologiche senza un pesante intervento umano quando invece si tratta di ecosistemi che si sono evoluti in decine di milioni di anni. Si tratta di una vera e propria ideologia auto-referenziale che nasconde in realtà le mire di chi vede nel bosco un mero fattore di profitto. Manca una visione di riequilibrio ambientale dopo decenni di uso selvaggio del territorio.
Tra le principali criticità della proposta governativa, a parte la mancanza di una discussione approfondita nel paese che non veda coinvolte solo le parti che, seppur legittimamente, vedono nel bosco un mero fattore produttivo e di profitto, evidenziamo:
- Un bosco non verrà considerato bosco (!) qualora cresciuto su aree precedentemente coltivate, senza limiti temporali. Cioè un'area abbandonata 500 anni fa e ora ricoperta da alberi non sarebbe considerata bosco. Stiamo parlando di gran parte del patrimonio forestale italiano. Questa definizione incredibile apre la strada a tutta una serie di facilitazioni per interventi speculativi, diminuendo, ad esempio, le tutele dal punto di vista paesaggistico.
- Si apre la strada alla trasformazione del bosco in cambio di non meglio precisate compensazioni o, addirittura, direttamente alla monetizzazione della distruzione dei boschi con indennizzi. Questi ultimi potrebbero essere indirizzati per interventi di valorizzazione socio-economica, cioè praticamente a qualsiasi tipo di intervento, anche dannoso per il bosco stesso e in generale per il territorio.
- La definizione di terreni abbandonati o incolti, che fa rientrare anche boschi e incolti non gestiti da pochissimi anni, assieme alla previsione di poter intervenire anche su aree private qualora sia necessario, permette di ampliare a dismisura interventi dettati da interessi esclusivamente commerciali di privati. Tali interventi dovrebbero essere consentiti esclusivamente per fini utili a perseguire concretamente gli interessi generali e, in particolare, la difesa della biodiversità, la prevenzione dei rischi e la tutela del paesaggio.
La proposta di Decreto a nostro avviso va cestinata per evidenti limiti.
STAZIONE ORNITOLOGICA ABRUZZESE ONLUS, il presidente Augusto De Sanctis
ASSOCIAZIONE ARDEA, il presidente Rosario Balestrieri
Qui sotto il testo delle osservazioni inviate oggi al governo.
OSSERVAZIONI PRELIMINARI SULL'ATTO DEL GOVERNO 485, COSIDDETTA NUOVA LEGGE FORESTALE
(“Schema di decreto legislativo recante disposizioni concernenti la revisione e l'armonizzazione della normativa nazionale in materia di foreste e filiere forestali, in attuazione dell'articolo 5 della legge 28 luglio 2016, n. 154.”)
La proposta di provvedimento in generale manca di qualsiasi coordinamento preciso con la pianificazione dei SIC/ZSC - ZPS che rappresentano il cuore della biodiversità delle aree naturali e semi-naturali. Ormai molti di questi siti hanno Piani di Gestione e stiamo parlando di aree che coprono il 10% del territorio nazionale, spesso coincidenti con superfici forestali. Lo Stato non guarda con interesse alla funzione sociale ed anche economica (basti pensare al turismo rurale/naturalistico) di queste aree? Perchè le relega quasi (anzi, possiamo togliere il quasi) con fastidio ad un misero comma (il 4 dell'art.7) in cui si dice che bisogna (purtroppo?) tenerne conto?
Inoltre è stupefacente, vista l'ottica interventista (diremmo a tratti predatoria) del provvedimento, che non sia dato spazio almeno alle opere di rinaturalizzazione e/o creazione ex novo di habitat per riequilibrare la pressione antropica del paese. Basti pensare agli ambienti forestali ripariali fondamentali come filtro per gli inquinanti dall'agricoltura. Oppure alla creazione di zone umide.
Veniamo ad alcuni commenti sugli articoli che ci hanno particolarmente colpito (in ogni caso la disamina del provvedimento non è esaustiva essendo venuti a conoscenza del testo solo recentemente; ci riserviamo di intervenire nuovamente con ulteriori elementi).
Art.3
Nelle definizioni, salta agli occhi quella relativa a terreni abbandonati o incolti.
Intanto il superamento del turno anche di un anno per un bosco lo fa rientrare in questa categoria e pare una scelta del tutto incongrua rispetto ai terreni agricoli (dove scatta dopo 10 anni dall'ultima coltivazione; termine anch'esso molto ridotto visto che in alcune aree appenniniche ed alpine per molti comuni queste zone rappresentano la stragrande parte della superficie).
In secondo luogo, inserire, dopo una o, la seconda possibilità, quella relativa ai boschi in cui in vi sia stato diradamento o sfollo negli ultimi 15 anni fa sì che rientrino in questa categoria anche boschi di fatto gestiti in quanto il turno può essere in alcuni casi anche di 25-30 anni o più!
Art.5
Aree escluse dalla definizione di bosco.
Il comma 2 va del tutto cancellato. Un bosco è un bosco in quanto tale non per la prospettiva di utilizzo di quel terreno. Intanto ci sono gli alberi e non si può far finta che non vi siano!
Le lettera a) del comma 2, a parte essere scritta in modo piuttosto confuso (ad esempio l'inciso "meritevoli..." se si riferisce alla attività agro-silvo-pastorali non si capisce perché aggiungere la parte dell'abbandono colturale), di fatto esclude potenzialmente dalla definizione di bosco anche formazioni arboree di centinaia di anni non ponendo alcun limite rispetto al momento storico dell'avvenuto abbandono. Quindi anche un bosco cresciuto a seguito di abbandono avvenuto 500 anni fa teoricamente rientra nella definizione! Crediamo che, in pratica, una percentuale elevatissima di boschi italiani possa rientrare in questa definizione. Basti pensare che in alcune aree collinari abruzzesi i boschi sono passati dal 3% della superficie totale al 15%, con effetti ambientali enormemente positivi. Quindi in queste aree quasi il 100% delle superfici boscate non sarà considerato bosco. Anche nelle aree montane appenniniche le percentuali, seppur minori, saranno molto elevate.
Inoltre in questa lettera andrebbe precisato cosa si intende per "fatti salvi i territori già tutelati per subentrati interessi naturalistici". I SIC/ZSC-ZPS sono dentro? Oppure solo le aree protette ex 394/91? Oppure entrambi? E le aree oggetto di tutela da Piani (ad esempio, i Piani regolatori spesso delimitano aree di tutela naturalistica) e Programmi?
La lettera c) apre la strada ad interventi edilizi su manufatti abbandonati dove ben difficilmente possono ritrovarsi le volumetrie visto che vi è cresciuto il bosco (con quanto ne consegue per gli aspetti edilizi). Inoltre molto spesso sono habitat estremamente particolari, inseriti in ambienti straordinari e di grande fascino proprio perché abbandonati. Si apre la strada a resort ed attività edilizie in luoghi che ormai sono parte integrante del patrimonio naturale del paese e, tra l'altro, si esacerberebbe lo sprawl urbano.
Art.7
Al comma 4 cosa si intende per "altre aree di particolare pregio e interesse da tutelare"?
Art.8
Il Comma 1 di fatto promuove qualsiasi opera di trasformazione del bosco. Un intervento che viene reso autorizzabile nella quasi generalità dei casi tranne poche eccezioni.
Dovrebbe essere il contrario e, cioè, la trasformazione può avvenire solo in casi eccezionali ben individuati (per miglioramento dell'ambiente oppure per opere di rilevante interesse pubblico).
Qui invece si ammette di fatto sempre purché non vi sia danno ambientale (addirittura) oppure vi sia compatibilità idrogeologica ecc. Queste compatibilità in Italia sono concesse regolarmente spesso da uffici privi di competenze specifiche se non peggio.
Anche le compensazioni, così come previste, sono un incentivo per avviare progetti di trasformazione. Infatti le categorie di intervento su cui possono essere spesi gli indennizzi derivanti dalla trasformazione del bosco, elencati al comma 2 , lettere da a) ad e), sono così ampie e generiche da poterci calare gli interventi più disparati.
È facile immaginare, per i boschi di proprietà pubblica, vista la crisi dei bilanci degli enti, un'immediata monetizzazione della trasformazione per realizzare opere come la manutenzione della strade (la valorizzazione socio-economica citata nel comma....).
Invece per quanto riguarda le compensazioni, non prevedere delle quote minime (in termini di superficie di intervento, ad esempio) per tutto il territorio italiano lasciando eventuali approfondimenti alle regioni e province autonome farà segnare un vero caos con una disparità di trattamento anche tra regioni limitrofe (basti pensare a quanto accaduto sui canoni per le concessioni minerarie per le acque minerali!). A parità di bene (ad esempio, un ettaro di faggeta a ceduo) magari lo stesso soggetto dovrà compensare in maniera diversa, quando il servizio ecosistemico svolto da quella porzione di bosco è del tutto simile tra regioni diverse. Quindi è sbagliato il principio avendo a che fare con entità naturali e non con azioni di borsa il cui valore cambia ogni mattina.
La questione della trasformazione, compensazione e ricorso all'indennizzo può essere invece trattata come ha fatto la regione Abruzzo con la legge 3 del 2014 (Artt.31-32), che:
1) Ha relegato la possibilità di trasformare il bosco a situazioni eccezionali e comunque strettamente connesse al miglioramento ambientale/opere di rilevante interesse pubblico;
2) Ha precisato i criteri minimi per le compensazioni in termini di estensione areale (tre volte la superficie oggetto della trasformazione);
3) Ha ristretto il campo del possibile uso delle risorse derivanti da indennizzi in denaro alle sole opere di miglioramento del bosco e di prevenzione dei dissesti e degli incendi.
Art.12
Le finalità che rendono possibile l'intervento in sostituzione del proprietario inadempiente sono del tutto generiche e non oggettive e in generale con un significato potenzialmente talmente ampio (e in alcuni casi, potenzialmente dato in modo arbitrario) da poterci inserire qualsiasi cosa. Che cosa è "degrado ambientale"? Che cosa è la "valorizzazione funzionale"?
Al comma 1 troviamo addirittura che si può (rectius, deve) intervenire per ripristinare le condizioni di sicurezza in caso di "instabilità ecologica". In che termini? Con quale portata?
Risulta, inoltre, fondamentale considerare tali aree quali siti importanti per la conservazione della biodiversità faunistica e floristica e non dei luoghi superflui se lasciati a loro stessi. Le aree oggetto di questa legge rappresentano degli stadi evolutivi naturali, o successioni ecologiche, siti di salvaguardia delle specie anche al di fuori delle aree protette e che ospitano una ben definita comunità vegetale e animale come scientificamente dimostrato. I provvedimenti previsti in tale legge andrebbero in pratica a ridurre enormemente, e pericolosamente, la biodiversità di tali aree e quindi rappresentano un concreto e pesante attacco alla natura.
La proposta di Decreto a nostro avviso va cestinata per evidenti limiti.

Il Governo Gentiloni all'ultimo secondo utile vuole emanare una nuova legge forestale che darebbe il via libera ad un vero e proprio assalto ai boschi italiani permettendo un uso predatorio del patrimonio arboreo nazionale a discapito della sua qualità ambientale.
Con il provvedimento, che rischia di andare in discussione in una delle prossime riunioni del Consiglio dei Ministri nonostante dure prese di posizione pubbliche di luminari del settore forestale, non solo si apre la strada a tagli selvaggi per favorire la filiera delle biomasse ma si consente la vera e propria distruzione del bosco in cambio di non precisati indennizzi e compensazioni che addirittura rischiano di creare ulteriori danni per l'ambiente.
ARDEA e SOA sono associazioni che riuniscono molti ornitologi della Campania e delle regioni limitrofe (ARDEA) e dell'Abruzzo (SOA), autori di decine di pubblicazioni peer-reviewed su riviste scientifiche nazionali ed internazionali anche sul tema dell'ecologia delle specie forestali nonché di studi e rapporti per enti pubblici quali regioni ed aree protette di ogni livello (riserve naturali, parchi regionali, parchi nazionali).
Pertanto, sulla scorta di queste esperienze ultra-decennali in materia di studio sul campo, elaborazione di dati, modellizzazione e gestione delle aree naturali e semi-naturali del centro-Sud, esprimiamo tutto il nostro sconcerto per i contenuti della proposta del Governo che, in maniera del tutto anti-scientifica, vorrebbe far passare l'idea che il bosco non possa svolgere le proprie funzioni ecologiche senza un pesante intervento umano quando invece si tratta di ecosistemi che si sono evoluti in decine di milioni di anni. 
Si tratta di una vera e propria ideologia auto-referenziale che nasconde in realtà le mire di chi vede nel bosco un mero fattore di profitto. Manca una visione di riequilibrio ambientale dopo decenni di uso selvaggio del territorio nazionale.
Tra le principali criticità della proposta governativa, a parte la mancanza di una discussione approfondita nel paese che non veda coinvolte solo le parti che, seppur legittimamente, vedono nel bosco un mero fattore produttivo e di profitto, evidenziamo:
-un bosco non verrà considerato bosco (!) qualora cresciuto su aree precedentemente coltivate, senza limiti temporali. Cioè un'area abbandonata 500 anni fa e ora ricoperta da alberi non sarebbe considerata bosco. Stiamo parlando di gran parte del patrimonio forestale italiano. Questa definizione incredibile apre la strada a tutta una serie di facilitazioni per interventi speculativi, diminuendo, ad esempio, le tutele dal punto di vista paesaggistico.
-Si rende possibile la completa trasformazione delle aree boschive in cambio o di non meglio precisate compensazioni o, addirittura, della monetizzazione tramite indennizzi della distruzione dei boschi. Non solo. I proventi potrebbero essere indirizzati verso interventi di cosiddetta "valorizzazione socio-economica", cioè interventi di ogni tipo, anche dannosi per il bosco stesso e in generale per il territorio.
-La definizione contenuta nella proposta di Decreto di "terreni abbandonati" o "incolti" che fa rientrare anche boschi e siti non gestiti da pochissimi anni, assieme alla previsione di poter intervenire anche su aree private qualora sia necessario, permette di ampliare a dismisura la possibilità di attivare progetti dettati esclusivamente da interessi commerciali di privati. A nostro avviso tali interventi dovrebbero essere consentiti esclusivamente per perseguire concretamente gli interessi generali e, in particolare, la difesa della biodiversità, la prevenzione dei rischi e la tutela del paesaggio.
La proposta di Decreto a nostro avviso va cestinata per evidenti limiti e per questo abbiamo scritto ai ministeri coinvolti e ad ISPRA.
STAZIONE ORNITOLOGICA ABRUZZESE ONLUS, il presidente Augusto De Sanctis
ARDEA ONLUS, il presidente Rosario Balestrieri
Qui sotto il testo delle osservazioni inviate oggi al Governo.
OSSERVAZIONI PRELIMINARI SULL'ATTO DEL GOVERNO 485, COSIDDETTA NUOVA LEGGE FORESTALE
(“Schema di decreto legislativo recante disposizioni concernenti la revisione e l'armonizzazione della normativa nazionale in materia di foreste e filiere forestali, in attuazione dell'articolo 5 della legge 28 luglio 2016, n. 154.”)
La proposta di provvedimento in generale manca di qualsiasi coordinamento preciso con la pianificazione dei SIC/ZSC - ZPS che rappresentano il cuore della biodiversità delle aree naturali e semi-naturali. Ormai molti di questi siti hanno Piani di Gestione e stiamo parlando di aree che coprono il 10% del territorio nazionale, spesso coincidenti con superfici forestali. Lo Stato non guarda con interesse alla funzione sociale ed anche economica (basti pensare al turismo rurale/naturalistico) di queste aree? Perchè le relega quasi (anzi, possiamo togliere il quasi) con fastidio ad un misero comma (il 4 dell'art.7) in cui si dice che bisogna (purtroppo?) tenerne conto?
Inoltre è stupefacente, vista l'ottica interventista (diremmo a tratti predatoria) del provvedimento, che non sia dato spazio almeno alle opere di rinaturalizzazione e/o creazione ex novo di habitat per riequilibrare la pressione antropica del paese. Basti pensare agli ambienti forestali ripariali fondamentali come filtro per gli inquinanti dall'agricoltura. Oppure alla creazione di zone umide.
Veniamo ad alcuni commenti sugli articoli che ci hanno particolarmente colpito (in ogni caso la disamina del provvedimento non è esaustiva essendo venuti a conoscenza del testo solo recentemente; ci riserviamo di intervenire nuovamente con ulteriori elementi).
Art.3
Nelle definizioni, salta agli occhi quella relativa a terreni abbandonati o incolti.
Intanto il superamento del turno anche di un anno per un bosco lo fa rientrare in questa categoria e pare una scelta del tutto incongrua rispetto ai terreni agricoli (dove scatta dopo 10 anni dall'ultima coltivazione; termine anch'esso molto ridotto visto che in alcune aree appenniniche ed alpine per molti comuni queste zone rappresentano la stragrande parte della superficie).
In secondo luogo, inserire, dopo una o, la seconda possibilità, quella relativa ai boschi in cui in vi sia stato diradamento o sfollo negli ultimi 15 anni fa sì che rientrino in questa categoria anche boschi di fatto gestiti in quanto il turno può essere in alcuni casi anche di 25-30 anni o più!
Art.5
Aree escluse dalla definizione di bosco.
Il comma 2 va del tutto cancellato. Un bosco è un bosco in quanto tale non per la prospettiva di utilizzo di quel terreno. Intanto ci sono gli alberi e non si può far finta che non vi siano!
Le lettera a) del comma 2, a parte essere scritta in modo piuttosto confuso (ad esempio l'inciso "meritevoli..." se si riferisce alla attività agro-silvo-pastorali non si capisce perchè aggiungere la parte dell'abbadono colturale), di fatto esclude potenzialmente dalla definizione di bosco anche formazioni arboree di centinaia di anni non ponendo alcun limite rispetto al momento storico dell'avvenuto abbandono. Quindi anche un bosco cresciuto a seguito di abbandono avvenuto 500 anni fa teoricamente rientra nella definizione! Crediamo che, in pratica, una percentuale elevatissima di boschi italiani possa rientrare in questa definizione. Basti pensare che in alcune aree collinari abruzzesi i boschi sono passati dal 3% della superficie totale al 15%, con effetti ambientali enormemente positivi. Quindi in queste aree quasi il 100% delle superfici boscate non sarà considerato bosco. Anche nelle aree montane appenniniche le percentuali, seppur minori, saranno molto elevate.
Inoltre in questa lettera andrebbe precisato cosa si intende per "fatti salvi i territori già tutelati per subentrati interessi naturalistici". I SIC/ZSC-ZPS sono dentro? Oppure solo le aree protette ex 394/91? Oppure entrambi? E le aree oggetto di tutela da Piani (ad esempio, i Piani regolatori spesso delimitano aree di tutela naturalistica) e Programmi?
  1. La lettera c) apre la strada ad interventi edilizi su manufatti abbandonati dove ben difficilmente possono ritrovarsi le volumetrie visto che vi è cresciuto il bosco (con quanto ne consegue per gli aspetti edilizi). Inoltre molto spesso sono habitat estremamente particolari, inseriti in ambienti straordinari e di grande fascino proprio perchè abbandonati. Si apre la strada a resort ed attività edilizie in luoghi che ormai sono parte integrante del patrimonio naturale del paese e, tra l'altro, si esacerberebbe lo sprawl urbano.
Art.7
Al comma 4 cosa si intende per "altre aree di particolare pregio e interesse da tutelare"?
Art.8
Il Comma 1 di fatto promuove qualsiasi opera di trasformazione del bosco. Un intervento che viene reso autorizzabile nella quasi generalità dei casi tranne poche eccezioni.
Dovrebbe essere il contrario e, cioè, la trasformazione può avvenire solo in casi eccezionali ben individuati (per miglioramento dell'ambiente oppure per opere di rilevante interesse pubblico).
Qui invece si ammette di fatto sempre purchè non vi sia danno ambientale (addirittura) oppure vi sia compatibilità idrogeologica ecc. Queste compatibilità in Italia sono concesse regolarmente spesso da uffici privi di competenze specifiche se non peggio.
Anche le compensazioni, così come previste, sono un incentivo per avviare progetti di trasformazione. Infatti le categorie di intervento su cui possono essere spesi gli indennizzi derivanti dalla trasformazione del bosco, elencati al comma 2 , lettere da a) ad e), sono così ampie e generiche da poterci calare gli interventi più disparati.
È facile immaginare, per i boschi di proprietà pubblica, vista la crisi dei bilanci degli enti, un'immediata monetizzazione della trasformazione per realizzare opere come la manutenzione della strade (la valorizzazione socio-economica citata nel comma....).
Invece per quanto riguarda le compensazioni, non prevedere delle quote minime (in termini di superficie di intervento, ad esempio) per tutto il territorio italiano lasciando eventuali approfondimenti alle regioni e province autonome farà segnare un vero caos con una disparità di trattamento anche tra regioni limitrofe (basti pensare a quanto accaduto sui canoni per le concessioni minerarie per le acque minerali!). A partità di bene (ad esempio, un ettaro di faggeta a ceduo) magari lo stesso soggetto dovrà compensare in maniera diversa, quando il servizio ecosistemico svolto da quella porzione di bosco è del tutto simile tra regioni diverse. Quindi è sbagliato il principio avendo a che fare con entità naturali e non con azioni di borsa il cui valore cambia ogni mattina.
La questione della trasformazione, compensazione e ricorso all'indennizzo può essere invece trattata come ha fatto la regione abruzzo con la legge 3 del 2014 (Artt.31-32), che:
1)ha relegato la possibilità di trasformare il bosco a situazioni eccezionali e comunque strettamente connesse al miglioramento ambientale/opere di rilevante interesse pubblico;
2)ha precisato i criteri minimi per le compensazioni in termini di estensione areale (tre volte la superficie oggetto della trasformazione);
3)ha ristretto il campo del possibile uso delle risorse derivanti da indennizzi in denaro alle sole opere di miglioramento del bosco e di prevenzione dei dissesti e degli incendi.
Art.12
Le finalità che rendono possibile l'intervento in sostituzione del proprietario inadempiente sono del tutto generiche e non oggettive e in generale con un significato potenzialmente talmente ampio (e in alcuni casi, potenzialmente dato in modo arbitrario) da poterci inserire qualsiasi cosa. Che cosa è "degrado ambientale"? Che cosa è la "valorizzazione funzionale"?
Al comma 1 troviamo addirittura che si può (rectius, deve) intervenire per ripristinare le condizioni di sicurezza in caso di "instabilità ecologica". In che termini? Con quale portata?
Risulta, inoltre, fondamentale considerare tali aree quali siti importanti per la conservazione della biodiversità faunistica e floristica e non dei luoghi superflui se lasciati a loro stessi. Le aree oggetto di questa legge rappresentano degli stadi evolutivi naturali, o successioni ecologiche, siti di salvaguardia delle specie anche al di fuori delle aree protette e che ospitano una ben definita comunità vegetale e animale come scientificamente dimostrato. I provvedimenti previsti in tale legge andrebbero in pratica a ridurre enormemente, e pericolosamente, la biodiversità di tali aree e quindi rappresentano un concreto e pesante attacco alla natura.
La proposta di Decreto a nostro avviso va cestinata per evidenti limiti.



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